Credo che far nascere un figlio sia un’esperienza unica e profondamente intensa. Proprio per questo, a nessuna madre dovrebbe essere negato il diritto di vivere un momento tanto significativo secondo il proprio modo d’essere e di sentire. Purtroppo, nel mio caso, non è andata come avevo immaginato. Sono tornata a casa in condizioni fisiche e psicologiche disastrose da quella che avrebbe dovuto essere l’esperienza più bella della mia vita.
Quando sono arrivata nella sala parto, mi ha accolta un’ostetrica con un bel sorriso che sembrava a prima vista molto carina. Eppure, quella stessa donna, alla fine, mi avrebbe fatta sentire esagerata, e di conseguenza inadeguata. Questa, per me, è stata una forma di violenza. Avevo chiesto l’epidurale e, inizialmente, sembrava che stesse aiutando a gestire il dolore.
Durante le contrazioni, però, sopraffatta dal panico e dalla paura, mi sono sentita dire: «Ma cosa senti? Perché io qui sul monitor non vedo contrazioni!». Tornata dal bagno, il dolore era aumentato drasticamente, ma nessuno mi aveva creduta quando urlavo disperata per il dolore atroce, implorando aiuto e chiedendo, in lacrime, quale posizione potesse alleviarlo. Mi è stato risposto che dovevo capirlo da sola. «Tesoro mio, sono questi i dolori del parto. Abituatici. Non urlare», mi diceva.
Per fortuna, dopo interminabili ore di travaglio, è arrivato il cambio turno, e poco dopo avevo finalmente partorito. Durante il parto ho perso moltissimo sangue, sono svenuta e ho davvero pensato di morire. Non vedevo più nulla, sentivo freddo, non riuscivo a parlare. Ad un certo punto qualcuno mi aveva detto che sarebbe stato necessario un intervento d’urgenza.
Il personale medico in questione ha dimostrato un totale vuoto di empatia in una situazione molto delicata. Inoltre, successivamente, era venuto fuori che il catetere dell’epidurale era stato scambiato con la flebo nella mia mano. L’epidurale ha lo scopo di somministrare farmaci direttamente nello spazio epidurale, una zona precisa del canale vertebrale, per interrompere la trasmissione del dolore. Nel mio caso, invece, quello “spazio” era diventato la mia mano.
Per fortuna, con il tempo mi sono ripresa e ora posso vivere la mia vita con il mio bimbo, ma quella che avrebbe dovuto essere l’esperienza più bella si è intrecciata con il giorno peggiore della mia vita.