VaZine

Processo allo Stato
Accusa: istigazione a delinquere

1963, Alcamo

 

Bernardo Viola fidanza la figlia Franca allora quindicenne con Filippo Melodia, rampollo della famiglia mafiosa dei Rimi, originaria della zona. Dopo le accuse di furto ed appartenenza a banda mafiosa a carico di Filippo, Viola padre annulla il fidanzamento, cosa che non piace al Melodia, tanto da fargli iniziare una guerra contro la famiglia.

Parte una lunga serie di minacce ed azioni atte a ledere le proprietà e gli affari della famiglia Viola, quali la distruzione di una casetta in campagna, l’incendio di un vigneto, la distruzione di un campo di pomodori su cui viene portato a pascolare un gregge di pecore.

Nonostante la pressione mentale oltre che l’evidente crisi finanziaria a cui la famiglia Viola stava andando incontro a causa delle incursioni del Melodia, Bernardo in accordo con la figlia non cede la custodia della ragazza al suo pretendente. Fino a che, nel Natale del ’65, il Melodia non si stanca.

 

Franca Viola Laura

26 Dicembre 1965, Alcamo

 

 

Filippo Melodia con altri dodici suoi complici, irrompe in casa di Franca, distrugge tutto, picchia in modo violento la madre e rapisce Franca ed il suo fratellino di 8 anni che le si era attaccato addosso nel tentativo di proteggerla. Il piccolo viene rilasciato poche ore dopo. Franca invece non vede cibo per una settimana e portata allo stremo delle forze, viene stuprata dal Melodia.

 

“Rimasi digiuna per giorni e giorni. Lui mi dileggiava e provocava. Dopo una settimana abusò di me. Ero a letto, in stato di semi-incoscienza”.

 

Nei primi giorni di Gennaio Bernardo riceve una telefonata da parte dei familiari del Melodia: “gli diranno il luogo dov’è segregata Franca in cambio della sua approvazione all’applicazione della 544” (sarebbe a dire del matrimonio riparatore).

Secondo l’Articolo 544 del codice penale, Franca dopo il suo rilascio avrebbe dovuto volontariamente sposare il suo stupratore così da far decadere le accuse di violenza dalla testa del Melodia e dei suoi complici.

Bernardo finge di essere d’accordo, si fa dire il luogo dove è detenuta Franca ed informa le autorità.

Il 6 Dicembre la polizia fa irruzione nella casa dove Franca è segregata da più di una settimana, riporta a casa la ragazza ed arresta il Melodia ed i suoi amici.

 

Dicembre 1966, Trapani

 

Inizia un processo sofferto. La famiglia Melodia minaccia  e diffama senza sosta, arrivando a veri atti di violenza, compresi di pistola puntata alla tempia di Bernardo.

Ed è proprio in questo frangente che, oltre ai meriti del padre, la vera forza risiede nella figlia. Franca, giovanissima, rapita, affamata e violentata, si presenterà ad ogni seduta del processo. Non abbasserà mai lo sguardo di fronte ai suoi accusatori che la denigreranno con tutte le armi in loro possesso. Affronterà l’opinione pubblica che la preferirebbe sposata al suo stupratore piuttosto che “svergognata”. Non si nasconderà dai parenti e dagli amici del Melodia né in aula né in strada, arrivando al punto in cui, dopo il processo, saranno loro ad abbassare lo sguardo quando la incroceranno, vergognandosi dell’esito giudiziario. Alla stampa in fermento rilascerà poche parole ma significative: “Io non sono proprietà di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto, l’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce”;

ed ancora:

“Non ho mai avuto paura, non ho mai camminato voltandomi indietro a guardarmi le spalle. È una grazia vera, perché se non hai paura di morire muori una volta sola.”

 

Filippo Melodia fu condannato ad undici anni invece che ai venti chiesti dall’accusa, in quanto “le usanze” di stupro “sono da considerarsi un attenuante”. Ne sconterà solo dieci per finire ammazzato poco dopo nei pressi di Modena.

Le minacce di morte elargite tanto generosamente da parte della sua famiglia non furono mai portate a compimento.

L’arciprete di Alcamo dichiarò che con tutto il baccano che aveva fatto, Franca sarebbe rimasta zitella.

La mattina del 4 dicembre 1968 tutte le televisioni ed i giornali del paese si accalcarono di fronte alla chiesa di Alcamo per documentare il matrimonio dell’eroina/svergognata con l’uomo che si era scelta. Peccato che la funzione si svolse 3 ore prima dell’orario comunicato ai media, rendendogli impossibile trasformarla in una notizia di carattere scandalistico.

 

Il matrimonio riparatore è una di quelle numerose, troppo numerose, dinamiche che fanno leva sul senso di colpa delle donne, facendo sì che si assumano responsabilità che non hanno, finanche quella dell’abuso subito per mano altrui.

Questa legge potrà anche essere stata cancellata, troppo tardi e troppo recentemente, ma le dinamiche sono sempre quelle: è stato stimato che la percentuale delle donne che denunciano uno stupro è bassissima rispetto a quelle che lo subiscono, e comunque sono davvero rari i casi in cui la denuncia avviene entro i 6 mesi dal fatto, come vorrebbe l’apparato giudiziario italiano. Nella maggioranza dei casi, la donna che arriva a denunciare lo fa a distanza di anni, quando è riuscita in qualche modo ad accettare l’accaduto.

 

Ti violentano quando sei ragazza, riesci a dire quello che ti è successo solo quando sei donna.

Nella maggior parte dei casi non riesci a dire quello che ti è successo perché non riuscirai ad accettarlo mai.

Se e quando riesci a farlo molto spesso è troppo tardi per punire il colpevole.

Esempi come quello di Franca Viola possono essere l’ispirazione giusta per tirare fuori  la forza che alle volte ci manca.

50 anni di Codice Penale Italiano

Nella storia della nostra Repubblica, com’è giusto e normale che sia, molte leggi sono state cambiate, cancellate o sostituite. Alcune di quelle che ormai sono andate perse però, meritano d’essere ricordate.

Fiori all’occhiello della nostra società civile, vogliamo citarne qualcuna recentemente depennata dal nostro  codice penale…sottolineando quanto recentemente.

Articolo 544

 
  • Causa speciale di estinzione di reato. Per i delitti preveduti dal capo primo dell’articolo 530, il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali.

Si sta parlando del così detto “matrimonio riparatore”: nel caso in cui una donna, dopo essere stata violentata, accetti il matrimonio col proprio assalitore, il “delitto contro la moralità pubblica ed il buon costume” (lo stupro) decadrebbe. Lo stupratore verrebbe mondato  da tutte le sue colpe, come anche i suoi complici nel caso ne avesse avuti.

 

42 anni fa, se venivi stuprata, il disonore era tale da poter essere costretta a sposare il tuo stupratore.

 

Legge sul “Matrimonio riparatore”:

Entrata in vigore 1930

Abrogazione 1981


Articolo 587

 

  • Omicidio e lesione personale a causa di onore. Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo e della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni.

Il famoso delitto d’onore. Da notare come nella legge stessa, vengano considerate come possibili parti lese tre figure: il coniuge, la figlia, la sorella. Dati i presupposti pare scontato che il coniuge in questione, nonostante il sostantivo maschile, sia la moglie.

 

42 anni fa, se dopo aver fatto l’amore con un uomo tuo padre t’avesse ammazzata, avrebbe ottenuto uno sconto di pena.

 

Legge sul “Delitto d’onore”:

Entrata in vigore 1930

Abrogazione 1981

 

Articolo 519

 

  • Della violenza carnale. Chiunque, con violenza o minaccia, costringe taluno a congiunzione carnale è punito con la reclusione da tre a dieci anni.

La cosa interessante di quest’articolo non sta tanto nel concetto espresso, bensì nel contesto scritto in cui è inserito: è estratto dal “Capo I – dei delitti contro la libertà sessuale”, a sua volta parte del “TITOLO IX – Dei delitti contro la moralità pubblica e il buon costume”.

Definiamo cosa intende l’autorità giuridica nelle diciture “moralità pubblica” e “buon costume”:

moralità pubblica è la coscienza etica di un popolo in quel determinato momento e contesto storico;

buon costume è la concezione che un popolo ha di decenza, precetti morali, etichetta, cortesia.

Stando a tale spiegazione ne consegue che la parte lesa presa in considerazione nell’ “art. 519 – Della violenza carnale”,  non sia il soggetto che subisce direttamente la violenza bensì l’opinione pubblica che, di riflesso, ne rimane scandalizzata. Ci teniamo inoltre a sottolineare che sotto le suddette diciture di offesa alla moralità pubblica e del buon costume, oltre alla violenza carnale erano inclusi i reati di pedofilia e di coercizione di minore in generale.

Ne consegue che ogni reato di origine sessuale non era considerato tanto per il danno causato alla donna o bambino che fosse, bensì per l’immagine di depravazione che ne poteva trarre l’opinione pubblica.

 

27 anni fa, se ti stupravano, non eri tu l’offesa. Neanche se bambina.

 

Legge sulla “violenza sessuale come offesa alla morale pubblica” 

Entrata in vigore 1930

Abrogazione 1996

 

Articolo 552

 

  • Procurata impotenza alla procreazione. Chiunque compie, su persona dell’uno o dell’altro sesso, col consenso di questa, atti diretti a renderla impotente alla procreazione è punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con multa da lire cinquantamila a duecentomila. Alla stessa pena soggiace chi ha consentito al compimento di tali atti sulla propria persona.

In ogni società l’aborto è stato praticato, con o senza il benestare della legge. L’avere o il non avere tale diritto, oltre al carico psicologico di una società che non ti permette di scegliere di non essere madre, c’è un’altra questione da non sottovalutare: se illegale, l’aborto comparta un tasso estremamente elevato di  rischi per la donna, compresa la morte. Le donne non smetteranno di voler scegliere; non smetteranno di cercare in tutti i modi di gestire la propria vita ed il proprio corpo; le donne non smetteranno di praticare l’aborto nei casi in cui lo riterranno necessario. Che la cosa piaccia o meno, ogni governo al mondo se ne faccia una ragione.

 

45 anni fa, se ti violentavano e rimanevi incinta, dovevi crescere il figlio del tuo stupratore.

 

Legge sull’ “Aborto”:

Entrata in vigore 1930

Abrogazione 1978

Articolo 144
 

 

  • Potestà maritale. Il marito è a capo della famiglia; la moglie segue la condizione civile di lui, ne assume il cognome ed è obbligata ad accompagnarlo dovunque egli crede opportuno di fissare la sua residenza.

Articolo contenuto nel  codice civile, troppo chiaro per poter essere commentato. Diciamo solo che l’iter per il cambiamento di tale articolo ha necessitato di nove anni di lavoro. I signori non erano tanto convinti.

 

48  anni fa, tu non decidevi. Per legge.

 

Legge di “Potestà maritale”:

Entrata in vigore 1942

Abrogazione 1975

 

Trenta, quaranta, cinquant’anni fa, che la donna valesse poco e che la violenza di genere fosse in buona parte accetta era scritto nero su bianco.

La maggioranza delle leggi che negli ultimi decenni sono state cancellate perché sessiste o comunque, in qualche modo discriminatorie, provenivano da un piano di riformazione legislativa fascista che nel 1930 partorì il Codice Rocco, da cui abbiamo estratto la maggior parte degli articoli sopra citati.

Quell’inchiostro è stato cancellato. Non ne dimenticheremo facilmente gli effetti, ma è stato ufficialmente cancellato.

Carta bianca, nuovo inizio?

Mah, diciamo che intanto quelle leggi sono state abrogate, anche se molto -forse ancora troppo- recentemente.

Diciamo che ce ne sono diverse altre ancora da modificare, ma col tempo e la costanza ci possiamo arrivare.

Diciamo insomma che ciò che è importante è andare avanti…ma ciò che è fondamentale è non tornare indietro.

I diritti che oggi ci sono riconosciuti non sono realmente acquisiti. Ce li può togliere il prossimo malgoverno di turno.

Non è così difficile come sembra, basta il pretesto giusto.

Occhio donne.