VIOLENZA GINECOLOGICA

Testimonianza n°1

Nell’autunno di qualche anno fa ho fatto un pap test.

Dopo due mesi ho ricevuto il referto e con esso la lettera di invito per la colposcopia, dato che il pap test risultava positivo. Con la lettera di invito è arrivato un dépliant nel quale veniva spiegata la procedura della colposcopia e che, in caso di sospetta presenza del papilloma virus (hpv), sarebbe stato necessario procedere con una biopsia. Consapevole di tutto ciò, mi sono presentata all’appuntamento per la colposcopia in una mattina di gennaio.


A parte quanto descritto nel dépliant, non avevo idea di come si sarebbero svolte le cose e non ero proprio tranquilla, dato il risultato del pap test.

La ginecologa si è preparata per la colposcopia. L’esame è proceduto per un po’, senza spiegazioni di ciò che stava avvenendo, senza nessuna parola da parte della ginecologa – io sentivo solo che c’era del movimento e percepivo strumenti che entravano e uscivano, ma non me ne sono preoccupata granché.

A un certo punto, mi hanno applicato sulla coscia una specie di cerotto attaccato con un cavo ad una macchina (da non esperta del settore non avevo idea di che cosa fosse, e nessuno mi ha detto niente) e, immediatamente dopo, lo shock: una fortissima sensazione di calore nella vagina e fino all’utero dovuta a qualcosa che era stato inserito, seguita da un dolore molto, molto acuto che mi ha portata a urlare (sopporto il dolore piuttosto bene e di norma mi trattengo pur di non urlare in uno spazio pubblico).

Ho iniziato a piangere per il dolore, ero in stato di shock e non sapevo cosa fosse successo, anche se, avendo letto il dépliant sulla colposcopia, ho intuito che la ginecologa fosse passata alla biopsia, senza dirmi niente e senza chiedermi il consenso. A quel punto lei ha introdotto due tamponi per pulire il sangue e poi mi ha detto di rivestirmi. Mi sono alzata lentamente, ho visto il lettino discretamente pieno di sangue e, con le gambe che tremavano, mi sono vestita e sono tornata a sedermi. Ho intravisto un pezzo di qualcosa tra le mani della ginecologa, qualcosa grande più o meno come una falangetta, e mi è venuto il dubbio che fosse ciò che lei aveva preso dalla mia cervice (collo dell’utero).

La ginecologa mi ha detto di aver proceduto con la biopsia quando la colposcopia le ha offerto un quadro che le sembrava quello legato alla presenza dell’hpv. Allo shock per il dolore si è aggiunto quello per la notizia.


Sono tornata a casa (per fortuna c’era con me una persona, non sarei stata in grado di guidare). Sono arrivata a casa con i pantaloni completamente sporchi di sangue (la dottoressa non ha minimamente pensato di darmi un assorbente) e ho annullato gli impegni lavorativi del pomeriggio.

Nel pomeriggio, quando il dolore ha iniziato a diminuire un po’, mi sono resa conto di quanto la ginecologa aveva fatto: io mi ero presentata per la colposcopia e, benché sia prassi procedere con la biopsia in caso di sospetto hpv, non mi era stato chiesto il consenso a procedere, né mi era stato comunicato che stava per essere fatta una biopsia. Non so se il cerotto sulla coscia fosse un anestetico, ma, anche se lo fosse stato, non aveva avuto effetto.

Nei giorni successivi ho applicato i medicinali cicatrizzanti e disinfettanti come da prassi, ma ho dovuto sospendere a metà il trattamento per l’arrivo della mestruazione. Finita la mestruazione ho ripreso il trattamento. Non è bastato, ho continuato ad avere perdite strane. La ginecologa mi ha consigliato un altro medicinale per continuare il trattamento. Dopo il trattamento è arrivata di nuovo la mestruazione e dopo questo secondo ciclo sembrava che la situazione si fosse stabilizzata.


A fine febbraio è arrivato il risultato della biopsia: c’era un condiloma, tolto con la biopsia, e ovviamente un ceppo di hpv era presente. Il materiale analizzato era un cono di 2,2×1,3×0,8 cm.

Dopo sei mesi, come da prassi dopo una diagnosi positiva, ho ripetuto il pap test. La nuova ginecologa mi ha detto che la zona che ha subito la biopsia era così sensibile (dopo 6 mesi!) che appena l’ha toccata con il tampone ha iniziato ad uscire il sangue (e ha continuato per ore).


Più avanti, in una visita con un’altra ginecologa esperta di tumori, la dottoressa mi ha detto che in un caso come il mio non era assolutamente necessaria la conizzazione, sarebbe stato sufficiente ripetere il pap test ogni sei mesi per tenere sotto controllo la situazione.


Di quella violenza porto i segni addosso tuttora, nel corpo, nella mente e nell’anima.