IVG

Testimonianza n°2

Alla 11esima settimana e 6 giorni di gravidanza, l’ecografia ha evidenziato un feto affetto da una malformazione molto grave. Il giorno dopo sono andata in ospedale a fare l’esame di villocentesi per verificare le cause genetiche.

In sala, ad assistere all’esame erano presenti, oltre al mio compagno, numerose persone. Nessuno mi aveva chiesto se fossi d’accordo con la loro presenza.

Nonostante il mio caso non riguardasse niente di allegro, il medico ha canticchiato e fischiettato durante tutto l’esame e riso e scherzato con i suoi colleghi. «Un’altra!! E questa non è nemmeno vecchia come quella di prima!», ed altri numerosi commenti sul mio fisico o ammonimenti fatti, mentre l’ago era dentro la mia pancia, sullo stare immobile altrimenti sarebbe potuta succedere una tragedia o saremmo potuti finire sul giornale. La visita è stata molto spiacevole e insensibile nei miei confronti. Purtroppo nessun presente si è opposto a questo comportamento. Io avrei voluto ma in quel momento, sdraiata, lui in piedi sopra di me, non ho trovato la forza di dire niente, nonostante mi sia sentita molto a disagio.



Ci tengo inoltre a raccontare che io ed il mio compagno, quel giorno, abbiamo riflettuto e ci siamo detti che, indipendentemente dal tipo di difetto genetico che il feto avesse avuto, aveva comunque una malformazione molto grave che nel 99% dei casi avrebbe condotto ad aborto spontaneo nei mesi successivi. Per questo abbiamo preso la decisione di abortire. 

Ho subito scritto alla ginecologa che mi stava seguendo per chiederle di organizzare l’aborto. Il giorno prima, quando, in seguito ad ecografia con translucenza nucale avevo chiesto informazioni sulla possibilità di aborto, mi aveva semplicemente risposto di non preoccuparmi, di fare intanto villocentesi e poi ne avremmo parlato. Quel giorno, mi ha detto che ormai era tardi per fare aborto con operazione chirurgica perchè ero già a 12 settimane + 0 giorni. Per la legge italiana, anche se lei mi avesse fatto il certificato il giorno stesso, avrei comunque dovuto aspettare una settimana prima di poter abortire, quindi sarei ormai entrata nella tredicesima settimana + 0 giorni. Per questo, secondo la legge non avrei più potuto effettuare aborto chirurgico o farmacologico. Il giorno prima, quando lei mi ha fatto l’ecografia che evidenziava una malformazione fetale, rientravo ancora nei tempi, ma nessuno mi ha informata.

Mi ha detto che dopo l’analisi genetica avremmo capito di cosa si trattava e in caso avrebbe potuto farmi un certificato per parto indotto se avessi voluto. Fare un aborto chirurgico in day hospital sotto anestesia totale per me non era come affrontare un parto indotto. Ero innervosita e preoccupata. Per questo, mi ha detto di andare da lei due giorni dopo che avremmo cercato una soluzione. Quando ci siamo viste mi ha detto che la soluzione che aveva trovato consisteva nel farmi un foglio per urgenza, così avrei potuto fare aborto chirurgico senza aspettare quella settimana prevista per legge. Se il personale medico mi avesse informata adeguatamente al momento dell’ecografia, sui differenti iter da seguire e sulle loro tempistiche, non avrei passato con ansia quei giorni e non ci sarebbe stato bisogno del foglio per urgenza.

 

Inoltre, il giorno in cui la dottoressa mi ha fatto il certificato di aborto le ho comunicato che ero convinta al 100% di volerlo fare. Mi ha comunque fatto l’ecografia, mi ha chiesto se me la sentivo di vederla, io ho risposto di sì, ma ha messo subito il suono del battito del feto senza chiedermi se volevo, mi ha detto che era ancora vivo, che dovevo pensarci bene, perché la situazione era grave ma che come mi aveva detto il giorno della prima ecografia c’erano stati dei casi in cui era andata bene, che alcuni bambini erano nati, anche se non c’era un follow up dopo il parto e quindi in quel momento erano nati sani ma non si poteva dire con certezza che non avessero sviluppato malformazioni dopo. Che dovevo pensarci bene, perché me ne sarei potuta pentire, avrei potuto sentirmi in colpa dopo. Io le ho detto varie volte che ero convinta di voler abortire. Lei mi ripeteva «Io devo dirti queste cose, c’è anche la possibilità di dare il bimbo in adozione». Io ripetevo che ero sicura della mia scelta. Avrei preferito se, questo discorso che mi ha voluto fare, che mi è sembrato durare a lungo e che io non sentivo fosse necessario, perché ero andata lì convinta della mia scelta solamente per ottenere il certificato, avrebbe potuto farlo, se proprio per lei necessario, una volta rivestita e seduta e non mentre ero nuda, sdraiata con le gambe aperte ed il liquido sulla pancia, e con l’ecografia del feto davanti. 


Il giorno dell’aborto, nonostante il mio intervento fosse previsto per la mattina presto e mi avessero già inserito 2 capsule in vagina per dilatare l’utero, ho aspettato in un letto, digiuna e senza bere dalla sera prima, tutto il giorno. Non mi operavano e non c’era nessuno con me a spiegarmi niente. Se provavo a chiamare qualcuno mi dicevano che avevano avuto degli imprevisti, delle urgenze, e se ne andavano di fretta, senza spiegarmi altro. Mi hanno operato a fine giornata. Quando sono arrivata in sala operatoria ed ho chiesto al chirurgo se fosse un intervento difficile, mi ha risposto: «tesoro, no, il difficile è arrivare qui». Effettivamente, mi è sembrato di aver affrontato un’odissea per riuscire ad arrivare a quel momento.

 

Un aborto può rappresentare un sollievo per alcune donne, per altre essere una scelta dolorosa e traumatica. In ogni caso, il personale medico e le strutture sanitarie devono accompagnarci in questo processo e devono farlo con rispetto, con competenza, con empatia, e con professionalità.